Racconti
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Kalia
Elvermili i Ferendil Thagor
Stella,
figlia di Elvermil e Ferendil Thagor
Il
fuoco scoppiettava allegramente nel grande camino circolare al centro
della sala comune, il sole era tramontato da qualche ora e l’enorme
stanzone era avvolto dalla penombra.
Seduti
ad un tavolo, stavano tre elfi ed un uomo.
-
Davvero non conosci la storia di Kalia Elvermili?- chiese un elfo un
po’ brillo stringendo un boccale di vino speziato fra le mani.
-
No, per nulla, vengo da Mitiran e di queste terre so poco e niente-
rispose l’uomo con un certo imbarazzo mentre frizionava le mani fra
loro per scaldarle e lanciava sguardi sottecchi ad uno degli elfi che
aveva evidentemente superato il suo limite con la birra e ora
canticchiava uno strano motivetto nella sua lingua natìa. Il terzo
elfo era invece completamente lucido e lo guardava con aria greve.
-
Ciò che dici mi rattrista, uomo, poiché una storia come quella di
Kalia Elvermili non è bene che venga dimenticata né dagli uomini né
dagli elfi né da qualunque altra razza che calchi la terra. -
soggiunse l’elfo lucido mentre il suo compagno brillo assunse
un’aria trasognata fissando il soffitto.
-
Ebbene, mi fermerò ancora qualche giorno a questa corte, quindi vi
esorto a raccontarmi questa storia per quanto lunga possa essere ed
il sonno lo recupererò un altro giorno. - disse l’uomo.
-
Si, si, adoro quella storia. - fece l’elfo brillo.
-
Siiiiii. - biascicò l’elfo ubriaco che intanto aveva smesso di
cantare.
-
Va bene ma prima suggerisco di riempire i nostri boccali così da non
rischiare di rimanere a gola riarsa ed interrompere la narrazione. -
fece l’elfo lucido.
I
quattro fecero un brindisi ed ordinarono altre bevande che furono
loro servite da una giovane cameriera umana.
-
Ebbene correva l’anno 2132 della Vecchia Era. Nel grande Impero
dell’Angor l’ascesa al trono di Antior concludeva un lunghissimo
periodo di guerre civili che aveva visto opposte le fazioni degli
elfisti e degli umanisti; i primi erano sostenitori degli imperatori
mezz’elfi mentre gli umanisti li disprezzavano, preferendo sovrani
interamente uomini.
Antior
riuscì a mettere d’accordo quasi tutte le fazioni eccetto quella
del Duca di Tirsi che fu scacciato dall’Impero con tutto il suo
seguito.
Assieme
al Duca se ne andò anche una parte della popolazione che per un
motivo o per un altro, cercava una nuova vita al di fuori
dell’impero.
Quando
furono fuori dei confini, il Duca e i suoi cavalieri si riunirono in
un consesso per decidere in quale luogo avrebbero dovuto stabilire la
loro nuova dimora. Fu allora che uno dei cavalieri intimi amici del
Duca, un fervente umanista che rispondeva al nome di Ferendil Thagor,
suggerì di recarsi all’interno del regno degli elfi e di
asserragliarsi in una piccola regione del nord, dichiarando la loro
indipendenza e sfidando l’autorità di Re Elvermil.
Tutti
furono chiaramente d’accordo con lui ed in breve, a marce forzate,
raggiunsero questo luogo e si impossessarono di un antico maniero in
rovina, lo ricostruirono e vi fondarono attorno una città.
Naturalmente
gli esploratori di Re Elvermil si accorsero ben presto di quello che
avveniva nel loro territorio così il re, una volta informato, mandò
un messaggero e invitò il Duca di Tirsi a recarsi nella sua corte ad
Elflych per spiegare la sua situazione e le motivazioni delle sue
azioni.
Il
Duca si mostrò assai indeciso: molti dei suoi cavalieri temevano una
trappola, altri la ritenevano un’occasione per introdursi nella
città degli elfi e sfidarli a testa alta nella loro stessa casa.
La
discussione terminò quando Ferendil Thagor si offrì di recarsi ad
Elflych come araldo per parlamentare con il re degli elfi; in questa
maniera chi temeva per la salvezza del Duca fu rassicurato ed al
contempo nessuno dubitava dalla fedeltà di Ferendil alla causa
umanista.
Ferendil,
infatti, era da sempre uno dei più cari amici del Duca, un cavaliere
rinomato per il suo senso dell'onore e della giustizia, per la sua
pietà e il suo coraggio che facevano di lui un eroe agli occhi di
tutti. La sua adesione alla causa degli umanisti era fondata sulla
genuina convinzione della crudeltà degli elfi e sulla superiore
nobiltà degli uomini. Egli era secondo i letterati, i bardi e i
poeti del seguito del Duca, la prova vivente di questa superiorità.
Accadde
così che il cavaliere venne scortato dalle guardie reali sino ai
cancelli dorati di Elflych.
Giuntovi,
fu subito condotto al cospetto del re dove si presentò come Ferendil
del casato dei Thagor, portavoce del Duca Alrich di Tirsi.
“Dimmi
allora, Ferendil dei Thagor, per quale motivo il tuo signore si è
introdotto nel nostro regno occupandone il territorio senza demandare
alcunché a noi elfi che lo abitiamo da migliaia di anni?” chiese
Elvermil.
“Il
mio signore è stato cacciato dalla sua casa in maniera ignominiosa
da un falso imperatore che ha usurpato il trono appoggiato dalla
fazione degli elfisti. Lui e il suo popolo si sono ritrovati senza un
posto dove vivere, reietti della propria patria e questo a causa
vostra che per così lungo tempo avete tiranneggiato noi uomini. Ci
avete asserviti al vostro volere e ci avete sfruttati come più
ritenevate opportuno. Solo alla fine delle Due Guerre riacquistammo
il nostro diritto alla libertà, anche se ad un prezzo tremendo. Da
allora però non avete smesso di intromettervi negli affari del
nostro regno, dando in moglie le vostre prostituite ai nostri
imperatori e insozzando con il vostro sangue la nobile stirpe degli
uomini. E la sorte che tocca a coloro che si sono ribellati al giogo
di quelle aberrazioni che erano gli imperatori mezz’elfi è
l’esilio.
?
per
questo che abbiamo deciso di far nostra la vostra terra. Non meritate
di governarla e se aveste un minimo della saggezza che vi
attribuite, capireste che non avete alcun diritto di pretendere una
restituzione. Così parla il mio signore Alrich, Duca di Tirsi.”
A
quel punto il Re e tutta la sua corte ammutolirono, scioccati
dall’audacia e dal fervore insito nella voce di quel cavaliere
straniero. Ferendil, con sua sorpresa, non fu arrestato, ma gli venne
preparato un alloggio al palazzo reale con libero accesso ai giardini
ed alla città, nel frattempo che il Re avesse discusso della
questione con i suoi consiglieri.
In
quei giorni Ferendil non rimase ozioso e si recò in lungo ed in
largo per la città, con lo scopo di apprendere quanto più potesse
sugli elfi con i quali -era sicuro- avrebbe dovuto presto combattere.
Fu
durante una di queste passeggiate che Ferendil si ritrovò nei
Giardini Reali e la vide per la prima volta.
Seduta
al bordo di una fontana, all’ombra di un albero stava Stella figlia
di Elvermil, Kalia Elvermili nella lingua degli elfi ed il suo nome
rispecchiava la sua figura. Il candore della sua pelle, la luce dei
suoi occhi e del suo viso incorniciato da una folta cascata di
capelli scuri e ricci, ricordava il lume delle stelle durante le
notti primaverili.
Nayla
gis kahlia,
valtia
i naltia!
Shi
kah chi kaylin,
shi
kasul chi taylin!
Cantavano
i bardi del regno durante le feste, per celebrarne la bellezza e
nella lingua degli uomini significa all'incirca:
Occhi
di stella,
vicina
e distante!
Sei
luce splendente,
sei
raggio accecante!
Come
la vide, Ferendil rimase immobile a contemplarla del tutto rapito. Fu
solo allorquando lo sguardo di lei incrociò il suo che lui riuscì a
scuotersi ed istintivamente cercò di avvicinarsi, ma lei si spaventò
da quella vista inaspettata e fuggì. Ferendil provò ad inseguirla
per cercare di parlarle ma una freccia si piantò ai suoi piedi ed
una voce disse: “Sono Beleril, guardia personale della principessa
Kalia. Tu Ferendil hai posato gli occhi sull’ultima figlia di Re
Elvermil ma dopo le parole che hai proferito innanzi alla Corte, non
ti permetterò mai di avvicinarla. Vattene! E sappi che io sarò
sempre accanto a lei a vegliare!”.
Ferendil
rimase dapprima interdetto ma in breve si riprese e, essendo l’elfa
sparita dalla sua vista, rispose: “Non provo alcun interesse ad
avvicinare una strega elfa e ti consiglio di non minacciarmi oltre o
ti farò assaggiare il ferro della mia spada, elfo insolente” ma
Beleril sembrò essersi già allontanato.
Nei
giorni successivi Ferendil non vide più Kalia, nonostante che da
quel giorno durante le sue uscite, si facevano sempre più frequenti
le sue esplorazioni dei Giardini Reali e del Palazzo Reale, nella
segreta e rinnegata speranza di vederla una seconda volta.
Accadde
infine che Ferendil venne nuovamente convocato da Re Elvermil che
intendeva comunicare le sue decisioni a riguardo dell’ambasciata
dell’uomo.
“Non
intendo scatenare una guerra dettata da un odio scellerato e privo di
fondamenti” disse il re “né desidero vedere sangue d’uomo o
d’elfo versato. Di conseguenza è mia decisione di non muovere
contro il tuo Signore e lasciargli governare sul territorio che ha
occupato che va dall’estremo braccio degli Etrengal settentrionali
al confine delle Selve. Ma vi avverto che se un solo uomo del vostro
popolo attraverserà codesti confini, sarà immediatamente catturato
dai miei soldati ed a seconda del caso giustiziato o fatto
prigioniero. Così ho parlato io Elvermil, figlio di Ellerkongel, Re
degli Elfi.”
Ferendil
venne quindi fornito di un cavallo e rispedito senza scorta dal suo
signore.
Durante
il viaggio, il cuore di Ferendil era straziato perché se da un lato
gioiva per la vittoria del suo popolo, da un lato soffriva per
l’impossibilità di rivedere colei che ormai si era del tutto
insinuata nei suoi pensieri a discapito dei suoi tentativi di
resistere e reprimere l'amore che ormai provava.
Il
cavaliere si era ormai inoltrato nelle Selve quando, durante una
sosta per la notte, un rumore di voci umane attirò la sua
attenzione. Alzandosi e scrutando nelle tenebre, intravide il nitore
di un fuoco fra gli alberi e si incamminò per raggiungerlo.
Giunto
al limitare di una radura, si presentò al suo sguardo una vista che
lo lasciò inorridito.
Quattro
uomini, suoi compagni cavalieri, stavano attorno ad un fuoco. Uno di
loro, in piedi, stringeva un’elfa svenuta mentre un altro stava
scaricando da un cavallo quello che sembrava un elfo molto robusto
legato. Gli altri due erano vicino a quello che stava stringendo
l’elfa e tutti e tre parlavano in maniera concitata con le voci
rotte dall’alcol.
Poco
ci volle a Ferendil per capire cosa stavano per fare quei suoi
compagni all’elfa ed in lui montò una furia tremenda poichè un
simile atto era indegno per dei cavalieri ed una scena simile avrebbe
dovuto verificarsi a ruoli inveriti, allora sguainò la spada ed
entrò nel cerchio di luce del falò tuonando: “Compagni Cavalieri!
Che cosa state facendo?!”.
I
quattro, presi alla sprovvista, sobbalzarono all’istante, alcuni
sfoderarono a loro volta le spade con gesti resi goffi dalla birra,
ma uno dei tre riconobbe il cavaliere e gridò “Ferendil!! Siamo
noi, i tuoi compari! Il Duca Alrich ci ha mandati a cercarti per la
foresta preoccupato dalla tua assenza prolungata! Finalmente ti
abbiamo trovato!”. Ma Ferendil non si mosse e ripetè “Che cosa
state facendo?”.
Rispose
l’uomo che teneva l’elfa con una voce bassa e rude:
“Semplicemente, ieri abbiamo trovato le tue tracce nel bosco e
mentre le seguivamo, abbiamo scoperto questi due sicari che ti
inseguivano, così li abbiamo catturati a costo della morte di due
dei nostri compagni ed ora stavamo insegnando loro il prezzo che
devono pagare gli elfi per aver versato il sangue di umani”.
Allora
l’ira di Ferendil si placò un poco e ringuainò la spada, ma
siccome era un uomo giusto non poteva permettere che si compisse un
crimine come quello che i suoi compagni si accingevano a fare e
mentre si avvicinava a loro disse “Compagni miei, saranno sicari ed
assassini ma limitatevi a giustiziarli e non comportatevi come la
peggiore feccia orchesca…” ma la voce gli morì in gola, quando
scorse il viso dell’elfa e riconobbe Kalia Elvermili.
L’uomo
con la voce rude però insistette “non dirci come dobbiamo agire,
non siamo a corte, Ferendil, inoltre ricordati che questi sono dei
luridi elfi assassini e prima di morire devono capire bene l’errore
che hanno commesso” e tutti gli altri annuirono decisi.
Ferendil
era sconvolto, nella sua testa si agitavano migliaia di pensieri
contrastanti. Da un lato lo stupore e la meraviglia nel trovare lì
in quel luogo colei che per giorni aveva cercato invano nella città
degli elfi, da un altro il dubbio che questo potesse essere un
qualche malvagio tranello ordito da Elvermil per danneggiare lui e il
suo popolo e da un altro l'orrore nel vedere dei suoi simili, dei
suoi commilitoni, agire come bestie selvagge dimentichi di ogni senso
di onore o giustizia.
Intanto
i suoi compagni stavano per compiere l’irreparabile quando Kalia
Elvermili riprese i sensi. Alla vista di quanto stava per accadere
gridò nella sua lingua “Nà! Nà!”. I cavalieri ridettero
fragorosamente e lei girò la testa e incrociò lo sguardo con quello
di Ferendil.
Fu
un breve attimo. Se negli occhi dei cavalieri si scorgeva solo odio e
libidine, in quelli dell'elfa Ferendil vide riflesso qualcosa che gli
ricordava la vita, la purezza e soprattutto l'amore.
Allora
ogni voce nella mente del cavaliere tacque e lui sfoderò la spada
puntandola alla gola dell’uomo che teneva l’elfa e disse
“Lasciala”.
I
quattro rimasero storditi per un momento poi l’uomo con la spada al
collo biascicò con voce velenosa “Sei stato in mezzo agli elfi per
qualche settimana e sei già diventato un imbecille elfista? Che fai
ora, hai votato la tua spada alla protezione delle puttane degli
elfi?”.
“Lasciala”.
"Uccidimi,
sporco elfista o se ti rimane un po' di orgoglio, mettiti da parte e
lasciami fare".
Con
un rapido movimento della spada, Ferendil ferì la gola dell’uomo
che lasciò l’elfa, sguainò la spada e si avventò contro di lui
al grido di "morte all’elfista!!" e la spada di Ferendil
gli trapassò il cuore.
Gli
altri due cavalieri non furono da meno del loro compagno e
sguainarono le spade per farsi trafiggere uno alla volta da Ferendil.
Il
quarto cavaliere fu risparmiato; Ferendil lo disarmò e gli intimò
di recarsi dal suo Signore e riferire oltre al messaggio del Re degli
Elfi un messaggio di Ferendil stesso: "Oggi ho avuto modo di
vedere da vicino la superiorità della giustizia e dell'animo degli
uomini e per questo dico che da ora in poi la spada di Ferendil
Thagor non servirà più una causa tanto palesemente fasulla e così
il Duca, finchè persevererà a seguirla".
Quando
che il cavaliere si fu allontanato, Ferendil liberò Beleril e lo
lasciò alle cure di Kalia ritirandosi in un angolo
dell'accampamento-.
L'elfo
interruppe la narrazione per bere un lungo sorso di vino speziato e
quando ebbe finito rimase sospirante ad osservare il proprio calice.
Infine riprese dopo alcuni minuti: - Povero Ferendil! In pochi minuti
tutte le sue certezze crollarono lasciandolo come un assetato in un
deserto che cercando di bere acqua dalle proprie mani, questa gli
scivola dalle fessure fra le dita finendo ad inumidire la sabbia.
Così Ferendil aveva un passato vissuto nella menzogna, un presente
da reietto e fellone ed un futuro privo di speranze. Fu Beleril a
riportarlo alla realtà quando gli chiese: "Dunque, cavaliere,
immagino tu voglia sapere per quale motivo io e la mia Signora ti
abbiamo seguito in queste terre...". La spiegazione si rivelò
semplice quanto sorprendente: anche la principessa era rimasta
turbata quanto Ferendil dal loro breve incontro ai giardini reali.
Per giorni Beleril aveva fatto in modo con grandi sforzi di tenerla
lontana dal cavaliere, ma quando giunse notizia della sua prossima
partenza, non ci fu verso di impedirle di fuggire dalla corte del
padre per seguirlo, così le rimase al fianco per proteggerla. Così
per i primi giorni seguirono le sue tracce finchè non incontrarono i
cavalieri che li sopraffecero.
L'arrivo
di Ferendil, commentò Beleril, era stato provvidenziale e le sue
azioni gli erano valse il rispetto dell'elfo che in seguito arrivò
persino a stringere fratellanza con lui.
Ferendil
si rivolse all'elfa con voce tremante e disse: "devo dunque
dedurre, dal racconto del vostro servo... che voi mi amate?".
Kalia,
rimase in silenzio tenendo i suoi occhi luminosi fissi su Ferendil
che le ricambiava uno sguardo intenso. Nessuno dei due osava
interrompere il silenzio che si era creato.
Ferendil
non riusciva a credere che quella donna così bella che lui era
riuscito a vedere una sola volta e di cui si era perdutamente
innamorato, lo ricambiasse con cotanto ardore da intraprendere un
viaggio sì audace e periglioso per seguirlo. Sembrava che il fato
gli avesse fatto un dono troppo grande e in quel momento non aveva
parole per esprimere ciò che sentiva, mentre il suo cuore martellava
nel petto e la sua lingua era come impastoiata in gola.
Beleril
si trovava fra i due e volgeva continuamente lo sguardo dall'uno
all'altra, imbarazzato ed indeciso.
Fu
infine Kalia a rompere il silenzio; sino a quel momento si era
sentita come sull'orlo di un baratro e lo sguardo silenzioso di
Ferendil su di lei le aveva acceso una fiamma nell'animo che
rischiava di consumarla.
"Sar..."
disse flebilmente in elfico, poi deglutì e ripeté con maggiore
sicurezza nella lingua di Ferendil "Si".
Passarono
pochi attimi che sembrarono giorni e Ferendil si accostò a lei
muovendosi dapprima lentamente, poi con sempre più sicurezza la
abbracciò con un movimento fluido e posò le sue labbra su quelle di
lei.
Beleril
si mise in disparte mentre un vago sorriso gli aleggiava sul viso.
Passarono
il resto della serata a parlare tutti e tre della situazione in cui
si trovavano e Kalia propose a Ferendil di recarsi a vivere con lei
in un luogo celato che solo lei e Beleril conoscevano.
"Ormai
il mio passato è un'ombra inconsistente ed il mio presente è di
disonore ed esilio. Cercherò con te di costruire il mio futuro ed
ovunque tu vorrai vivere, per me quel luogo sarà Casa." rispose
Ferendil.
Il
viaggio durò due settimane e Ferendil, Kalia e Beleril giunsero in
questo luogo nascosto sito in una foresta il cui nome rivelerò in
seguito. Il luogo si presentava come una verde radura posta attorno
ad un laghetto dove si raccoglievano le acque di una piccola cascata.
Poco distante da questa cascata vi era una caverna ampia ed
accogliente che Kalia e Beleril avevano già provveduto in passato,
durante qualche periodo che la principessa aveva voluto trascorrere
in quel luogo, ad attrezzare con mobili, suppellettili ed armi da
caccia.
Trascorsero
due mesi in questo luogo vivendo dei frutti del bosco e della caccia.
Ferendil scoprì che Beleril non era semplicemente la guardia della
principessa, ma ne era innamorato. Non certo alla stessa maniera in
cui lo era Ferendil, poichè il suo era l'amore di un fratello per
una sorella, di un amico per la compagna con cui era vissuto sin
dall'infanzia. Ciononostante comunque di amore si trattava e Ferendil
e Beleril strinsero un patto di sangue: quello di vegliare entrambi
su Kalia e di proteggerla a qualunque costo per tutta la vita.
Il
tempo passava ma un'ombra scese sul cuore di Beleril. Il cacciatore
cominciò a sentirsi inquieto e vagava sempre più spesso e sempre
più lontano dalla radura in esplorazione.
Un
giorno Ferendil lo vide giungere di corsa nella sua direzione e
quando gli chiese che cosa fosse successo, Beleril rispose:
"Sono
ormai settimane che un oscuro presentimento si è fatto strada nella
mia mente. Per questo motivo ho preso a vagare per il bosco,
domandando agli animali che lo abitano se avessero notizie
dall'esterno.
Oggi
ho incontrato un'aquila proveniente dall'ovest e mi ha raccontato di
aver visto un esercito di elfi in marcia attraverso le Selve verso
nord e spinto dalla curosità, è andato a vedere cosa li attirasse.
Ebbene,
Ferendil, ha visto il Duca Alrich schierare i suoi cavalieri in vista
di una battaglia.
Ahimé,
è evidente che re Elvermil accortosi della scomparsa di sua figlia,
ti abbia accusato di rapimento ed abbia mosso il suo esercito contro
il Duca Alrich.
Che
sciocchi siamo stati a pensare di poter vivere per sempre in questo
paradiso, dimentichi di ciò che siamo ed eravamo, lasciandoci tutto
alle spalle!!"
Ferendil
allora si accorse della verità delle parole di Beleril e dopo un
lungo momento rispose:
"Hai
ragione fratello mio, abbiamo commesso un errore ed ora il cielo ci
sta punendo per la nostra leggerezza, ma non tutto è perduto.
Anche
se in passato abbiamo sbagliato, ora possiamo sempre adoperarci per
riparare.
Amico
mio, siamo celeri! Prepariamo armi e bagagli e torniamo indietro da
re Elvermil a fermare questo massacro."
Così
decisero e senza por tempo in mezzo Beleril e Ferendil avvisarono
Kalia ed insieme lasciarono la radura e corsero come il vento per
tornare indietro.
Il
viaggio, tuttavia, era lungo e quando Beleril, Kalia e Ferendil
raggiunsero i loro compagni, i due eserciti si erano già schierati
l'uno innanzi all'altro in attesa del segnale per attaccare.
"Siamo
giunti tardi, Ferendil, la battaglia è ormai imminente!"
esclamò disperatamente Beleril, ma Ferendil con uno sguardo
impassibile rispose: "No!, possiamo ancora farcela, corriamo!".
Così
il cavaliere afferrò le redini, strinse la vita della sua amata che
cavalcava con lui e si gettò al galoppo nello spiazzo in mezzo ai
due eserciti.-
L'elfo
tacque e chiuse gli occhi portandosi alle labbra il bicchiere di vino
speziato finendolo con un unico, lungo sorso.
L'umano
intanto si era fatto assai interessato e non potendo aspettare il
silenzio del suo commensale, lo incalzò: - ma cosa accadde allora in
quel momento? Forse che Ferendil e Kalia non riuscirono a raggiungere
il re per fermare la battaglia?-.
L'elfo
si portò una mano al mento e con espressione dolorosa proseguì:
-Ahimé, cavaliere, per caso o per follia un arciere di uno degli
eserciti vide il cavallo di Ferendil e Kalia lanciato al galoppo e
pensando ad un attacco laterale di cavalleria, scoccò una freccia.
Solo
gli dei sanno quale infausto demonio guidò quella freccia nel suo
traggitto e la fece conficcare con precisione nel collo del cavallo
di Ferendil e Kalia.
Fatto
sta che questo morì sul colpo, rovinando a terra e trascinando con
se i suoi cavalieri, li fece ruzzolare lungo il pendio dal quale
stavano discendendo.
In
quel momento fu come se fosse stato dato il segnale e i due eserciti
si mossero immediatamente l'uno contro l'altro e la battaglia ebbe
inizio.
Beleril
si vide come schiacciato dagli avvenimenti, si precipitò verso i
corpi dei suoi due compagni e trovandoli prossimi alla morte li
abbracciò e si mise a piangere al loro capezzale.
Fu
Kalia allora a parlare e disse: "non piangere per noi Beleril,
seppur per poco abbiamo vissuto godendo della nostra felicità. Ma
non permettere che la nostra fine causi la fine di tante altre
persone.
Và
da mio padre e convincilo a ritirarsi..." poi spirò ed
altrettanto fece Ferendil.
Allora
Beleril raccolse ciò che rimaneva della sua volontà e dopo aver
acconciato le spoglie dei suoi amici, si issò a cavallo e galoppò
verso il suo Re.
Tre
volte fu fermato dai soldati di Elvermil, rischiando di ricevere una
spada nel petto ma tutte e tre le volte fu riconosciuto e lasciato
passare. Nel giro di pochi minuti Beleril riuscì a raggiungere il
suo Signore ed a raccontagli tutto.
Elvermil
rimase scioccato dalle rivelazioni del suo suddito ma, essendo Re,
mise da parte il suo dolore e ordinò ai suoi luogotenenti di
ritirare le proprie truppe e terminare l'inutile battaglia.
L'impresa
non fu semplice ma riuscì e quando i due eserciti si trovarono
nuovamente uno innanzi all'altro, Elvermil e Beleril uscirono dai
ranghi con la bandiera bianca chiedendo di parlamentare con Alrich.
Il
Duca a sua volta raggiunse il suo nemico con un compagno al fianco
che Beleril riconobbe per quel cavaliere che Ferendil lasciò in vita
nella radura nelle Selve.
Elvermil
raccontò ad Alrich la storia di Beleril chiedendo all'uomo che
riponesse le armi e mettesse fine ad una battaglia priva di senso.
Il
Duca Angoriano tuttavia rispose che per lui la battaglia era più che
giustificata, perchè secondo il racconto del suo vassallo, Ferendil
era stato stregato dalla principessa elfa con sortilegi oscuri e
costretto ad uccidere i suoi compagni. Diede a quel punto ordine al
suo vassallo di recarsi nel luogo ove giaceva Ferendil e portare le
sue spoglie nella città che avevano fondato poi voltò le spalle al
Re.
Beleril
allora afferrò la spada e con un rapido colpo decapitò il vassallo
del Duca, lanciandosi al galoppo verso le spoglie dei suoi amici,
come impazzito.
Il
Duca rimase spiazzato da questa reazione e guardò con ostilità il
re degli elfi.
"Traditore!"
disse "Hai fatto uccidere un ambasciatore, per questo meriti la
morte! Torna fra i tuoi soldati e riprendi a combattere, perchè io
non uccido a tradimento, ma una volta che tutti i tuoi lacchè
saranno cibo per vermi, allora toccherà a te sperimentare la
giustizia di noi uomini e sarà implacabile!"
Ma
il re rimase impassibile e rispose con tono pacato: "Se è
vostro desiderio continuare con questa battaglia che sapete di non
poter vincere, così sia.
Proseguiremo
finchè non vi ritirerete ed avete la mia parola che chi si arrenderà
avrà salva la vita ma sappiate che il regno che avete fondato è
ormai maledetto dal sangue innocente versato e così come è nato io
vi predico che finirà. Da ora in poi il vostro regno sarà noto agli
elfi come il Regno Periglioso, predestinato ad una tragica fine che
potrà giungere in qualunque momento.
Va'
ora Duca Alrich a raccogliere i risultati del tuo odio scellerato e
che il tuo popolo possa perdonare la tua stoltezza, poichè io non lo
farò".
Si
dice che allora Alrich fosse rimasto per alcuni minuti a fissare Re
Elvermil e che, forse per ritrovata saggezza o per timore della
predizione di Elvermil, nella sua mente si alternassero il desiderio
di combattere e quello di ritirarsi, ma fatto sta che il Duca infine
tirò le redini del suo cavallo, sputò in direzione del re degli
elfi e si diresse tra i ranghi del suo esercito impartendo ordini di
prepararsi alla battaglia.
Questa
fu assai sanguinosa e numerose furono le perdite da entrambe le
parti, ma l'esercito di Elvermil era assai più numeroso e meglio
organizzato e Alrich fu costretto a suonare la ritirata ed a
barricarsi all'interno del maniero che aveva precedentemente
occupato.
Elvermil
tornò allora ad Elflych e mandò degli esploratori alla ricerca di
Beleril.
Occorsero
tuttavia alcune settimane prima che tre suoi esploratori tornassero
con qualche notizia.
Essi
dissero di aver trovato Beleril che viaggiava con le spoglie di Kalia
e Ferendil verso la foresta degli Antichi Silvani. Lo seguirono
all'interno della foresta per raggiungerlo, ma ad un tratto egli
sparì come nel nulla facendo perdere loro ogni traccia.
Per
giorni tentarono di ritrovare le sue tracce ma fu impossibile, così
decisero di tornare indietro per fare rapporto.
Il
Re allora s'avvide che il destino di Beleril era fuori della sua
portata e, benché addolorato dall'impossibilità di dare sepoltura
alla figlia nei cimiteri reali, rinunziò alla sua ricerca e decretò
che da allora la foresta degli Antichi Silvani si sarebbe dovuta
chiamare Foresta Kalia, come ricordo della triste storia di un amore
stroncato dall'odio-.
Il
Cavalere rimase silenzioso mentre l'elfo ordinava un nuovo bicchiere
di vino, poi domandò: -ma del destino di Beleril non vi fu nessuna
notizia?-.
L'elfo
fece un rapido sorso, poi appoggiò il bicchiere al tavolo e
concluse: -negli anni a venire, anzi, nei secoli dovrei dire,
numerosi viadanti che si persero nella foresta Kalia, raccontarono
che mentre erano allo stremo delle forze, assetati ed affamati, si
erano ritrovati in una radura che corrispondeva in tutto alla
descrizione della radura di Kalia e Ferendil tranne che per due
alberi, una quercia ed un frassino, posti al centro della radura e
germogliati l'uno a fianco all'altro in maniera innaturale. Un terzo
albero posto poco distante, un melo, dava continui frutti, anche in
periodi dell'anno in cui non avrebbe dovuto. Così i viadanti
potevano dissetarsi nella cascata, saziarsi con i frutti del melo e
riposare all'ombra del frassino e della quercia per riprendere il
mattino dopo la loro marcia e ritrovando rapidamente la Dritta Via.
Ma
sono solo dicerie a cui non si può dar troppo credito, inoltre la
luna è ormai alta nel cielo e la stanchezza sopraggiunge.
Suggerisco
di terminare qui il nostro convivio e riposarci nelle nostre stanze,
se domani ci reincontreremo avremo sicuramente occasione di parlare
di nuovo-.
L'elfo
si alzò dal tavolo e un po' aiutato ed un po' ostacolato dal suo
compagno brillo, issò in piedi il terzo elfo ubriaco, poi porse la
mano al cavaliere che la strinse.
-
Arrivederci Cavaliere di Mitiran, e' stato un piacere-.
-
Arrivederci a voi messer Tinwe, spero che avremo modo di parlare
nuovamente, almeno finchè il Signore di questa corte non mi avrà
ricevuto-.
Il
Cavaliere prese le sue cose e si diresse verso il fondo della sala
comune, imboccando le scale che lo avrebbero portato nelle sue stanze
a riposare.
-
Mio Signore Tinwe Linto, quando riceverete in maniera ufficiale quel
cavaliere?- disse l'elfo brillo rivolgendosi all'elfo lucido.
-
Come sempre, amico mio. Quando sarà pronto- rispose questo, mentre
assieme all'elfo brillo trascinava l'elfo ubriaco verso le scale.
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