domenica 14 settembre 2014

Racconti Dimenticati - Kalia e Ferendil

Racconti Dimenticati

Kalia Elvermili i Ferendil Thagor
Stella, figlia di Elvermil e Ferendil Thagor



Il fuoco scoppiettava allegramente nel grande camino circolare al centro della sala comune, il sole era tramontato da qualche ora e l’enorme stanzone era avvolto dalla penombra.
Seduti ad un tavolo, stavano tre elfi ed un uomo.
- Davvero non conosci la storia di Kalia Elvermili?- chiese un elfo un po’ brillo stringendo un boccale di vino speziato fra le mani.
- No, per nulla, vengo da Mitiran e di queste terre so poco e niente- rispose l’uomo con un certo imbarazzo mentre frizionava le mani fra loro per scaldarle e lanciava sguardi sottecchi ad uno degli elfi che aveva evidentemente superato il suo limite con la birra e ora canticchiava uno strano motivetto nella sua lingua natìa. Il terzo elfo era invece completamente lucido e lo guardava con aria greve.
- Ciò che dici mi rattrista, uomo, poiché una storia come quella di Kalia Elvermili non è bene che venga dimenticata né dagli uomini né dagli elfi né da qualunque altra razza che calchi la terra. - soggiunse l’elfo lucido mentre il suo compagno brillo assunse un’aria trasognata fissando il soffitto.
- Ebbene, mi fermerò ancora qualche giorno a questa corte, quindi vi esorto a raccontarmi questa storia per quanto lunga possa essere ed il sonno lo recupererò un altro giorno. - disse l’uomo.
- Si, si, adoro quella storia. - fece l’elfo brillo.
- Siiiiii. - biascicò l’elfo ubriaco che intanto aveva smesso di cantare.
- Va bene ma prima suggerisco di riempire i nostri boccali così da non rischiare di rimanere a gola riarsa ed interrompere la narrazione. - fece l’elfo lucido.
I quattro fecero un brindisi ed ordinarono altre bevande che furono loro servite da una giovane cameriera umana.
- Ebbene correva l’anno 2132 della Vecchia Era. Nel grande Impero dell’Angor l’ascesa al trono di Antior concludeva un lunghissimo periodo di guerre civili che aveva visto opposte le fazioni degli elfisti e degli umanisti; i primi erano sostenitori degli imperatori mezz’elfi mentre gli umanisti li disprezzavano, preferendo sovrani interamente uomini.
Antior riuscì a mettere d’accordo quasi tutte le fazioni eccetto quella del Duca di Tirsi che fu scacciato dall’Impero con tutto il suo seguito.
Assieme al Duca se ne andò anche una parte della popolazione che per un motivo o per un altro, cercava una nuova vita al di fuori dell’impero.
Quando furono fuori dei confini, il Duca e i suoi cavalieri si riunirono in un consesso per decidere in quale luogo avrebbero dovuto stabilire la loro nuova dimora. Fu allora che uno dei cavalieri intimi amici del Duca, un fervente umanista che rispondeva al nome di Ferendil Thagor, suggerì di recarsi all’interno del regno degli elfi e di asserragliarsi in una piccola regione del nord, dichiarando la loro indipendenza e sfidando l’autorità di Re Elvermil.
Tutti furono chiaramente d’accordo con lui ed in breve, a marce forzate, raggiunsero questo luogo e si impossessarono di un antico maniero in rovina, lo ricostruirono e vi fondarono attorno una città.
Naturalmente gli esploratori di Re Elvermil si accorsero ben presto di quello che avveniva nel loro territorio così il re, una volta informato, mandò un messaggero e invitò il Duca di Tirsi a recarsi nella sua corte ad Elflych per spiegare la sua situazione e le motivazioni delle sue azioni.
Il Duca si mostrò assai indeciso: molti dei suoi cavalieri temevano una trappola, altri la ritenevano un’occasione per introdursi nella città degli elfi e sfidarli a testa alta nella loro stessa casa.
La discussione terminò quando Ferendil Thagor si offrì di recarsi ad Elflych come araldo per parlamentare con il re degli elfi; in questa maniera chi temeva per la salvezza del Duca fu rassicurato ed al contempo nessuno dubitava dalla fedeltà di Ferendil alla causa umanista.
Ferendil, infatti, era da sempre uno dei più cari amici del Duca, un cavaliere rinomato per il suo senso dell'onore e della giustizia, per la sua pietà e il suo coraggio che facevano di lui un eroe agli occhi di tutti. La sua adesione alla causa degli umanisti era fondata sulla genuina convinzione della crudeltà degli elfi e sulla superiore nobiltà degli uomini. Egli era secondo i letterati, i bardi e i poeti del seguito del Duca, la prova vivente di questa superiorità.
Accadde così che il cavaliere venne scortato dalle guardie reali sino ai cancelli dorati di Elflych.
Giuntovi, fu subito condotto al cospetto del re dove si presentò come Ferendil del casato dei Thagor, portavoce del Duca Alrich di Tirsi.
Dimmi allora, Ferendil dei Thagor, per quale motivo il tuo signore si è introdotto nel nostro regno occupandone il territorio senza demandare alcunché a noi elfi che lo abitiamo da migliaia di anni?” chiese Elvermil.
Il mio signore è stato cacciato dalla sua casa in maniera ignominiosa da un falso imperatore che ha usurpato il trono appoggiato dalla fazione degli elfisti. Lui e il suo popolo si sono ritrovati senza un posto dove vivere, reietti della propria patria e questo a causa vostra che per così lungo tempo avete tiranneggiato noi uomini. Ci avete asserviti al vostro volere e ci avete sfruttati come più ritenevate opportuno. Solo alla fine delle Due Guerre riacquistammo il nostro diritto alla libertà, anche se ad un prezzo tremendo. Da allora però non avete smesso di intromettervi negli affari del nostro regno, dando in moglie le vostre prostituite ai nostri imperatori e insozzando con il vostro sangue la nobile stirpe degli uomini. E la sorte che tocca a coloro che si sono ribellati al giogo di quelle aberrazioni che erano gli imperatori mezz’elfi è l’esilio.
? per questo che abbiamo deciso di far nostra la vostra terra. Non meritate di governarla e se aveste un minimo della saggezza che vi attribuite, capireste che non avete alcun diritto di pretendere una restituzione. Così parla il mio signore Alrich, Duca di Tirsi.”
A quel punto il Re e tutta la sua corte ammutolirono, scioccati dall’audacia e dal fervore insito nella voce di quel cavaliere straniero. Ferendil, con sua sorpresa, non fu arrestato, ma gli venne preparato un alloggio al palazzo reale con libero accesso ai giardini ed alla città, nel frattempo che il Re avesse discusso della questione con i suoi consiglieri.
In quei giorni Ferendil non rimase ozioso e si recò in lungo ed in largo per la città, con lo scopo di apprendere quanto più potesse sugli elfi con i quali -era sicuro- avrebbe dovuto presto combattere.
Fu durante una di queste passeggiate che Ferendil si ritrovò nei Giardini Reali e la vide per la prima volta.
Seduta al bordo di una fontana, all’ombra di un albero stava Stella figlia di Elvermil, Kalia Elvermili nella lingua degli elfi ed il suo nome rispecchiava la sua figura. Il candore della sua pelle, la luce dei suoi occhi e del suo viso incorniciato da una folta cascata di capelli scuri e ricci, ricordava il lume delle stelle durante le notti primaverili.

Nayla gis kahlia,
valtia i naltia!
Shi kah chi kaylin,
shi kasul chi taylin!

Cantavano i bardi del regno durante le feste, per celebrarne la bellezza e nella lingua degli uomini significa all'incirca:

Occhi di stella,
vicina e distante!
Sei luce splendente,
sei raggio accecante!

Come la vide, Ferendil rimase immobile a contemplarla del tutto rapito. Fu solo allorquando lo sguardo di lei incrociò il suo che lui riuscì a scuotersi ed istintivamente cercò di avvicinarsi, ma lei si spaventò da quella vista inaspettata e fuggì. Ferendil provò ad inseguirla per cercare di parlarle ma una freccia si piantò ai suoi piedi ed una voce disse: “Sono Beleril, guardia personale della principessa Kalia. Tu Ferendil hai posato gli occhi sull’ultima figlia di Re Elvermil ma dopo le parole che hai proferito innanzi alla Corte, non ti permetterò mai di avvicinarla. Vattene! E sappi che io sarò sempre accanto a lei a vegliare!”.
Ferendil rimase dapprima interdetto ma in breve si riprese e, essendo l’elfa sparita dalla sua vista, rispose: “Non provo alcun interesse ad avvicinare una strega elfa e ti consiglio di non minacciarmi oltre o ti farò assaggiare il ferro della mia spada, elfo insolente” ma Beleril sembrò essersi già allontanato.
Nei giorni successivi Ferendil non vide più Kalia, nonostante che da quel giorno durante le sue uscite, si facevano sempre più frequenti le sue esplorazioni dei Giardini Reali e del Palazzo Reale, nella segreta e rinnegata speranza di vederla una seconda volta.
Accadde infine che Ferendil venne nuovamente convocato da Re Elvermil che intendeva comunicare le sue decisioni a riguardo dell’ambasciata dell’uomo.
Non intendo scatenare una guerra dettata da un odio scellerato e privo di fondamenti” disse il re “né desidero vedere sangue d’uomo o d’elfo versato. Di conseguenza è mia decisione di non muovere contro il tuo Signore e lasciargli governare sul territorio che ha occupato che va dall’estremo braccio degli Etrengal settentrionali al confine delle Selve. Ma vi avverto che se un solo uomo del vostro popolo attraverserà codesti confini, sarà immediatamente catturato dai miei soldati ed a seconda del caso giustiziato o fatto prigioniero. Così ho parlato io Elvermil, figlio di Ellerkongel, Re degli Elfi.”
Ferendil venne quindi fornito di un cavallo e rispedito senza scorta dal suo signore.
Durante il viaggio, il cuore di Ferendil era straziato perché se da un lato gioiva per la vittoria del suo popolo, da un lato soffriva per l’impossibilità di rivedere colei che ormai si era del tutto insinuata nei suoi pensieri a discapito dei suoi tentativi di resistere e reprimere l'amore che ormai provava.
Il cavaliere si era ormai inoltrato nelle Selve quando, durante una sosta per la notte, un rumore di voci umane attirò la sua attenzione. Alzandosi e scrutando nelle tenebre, intravide il nitore di un fuoco fra gli alberi e si incamminò per raggiungerlo.
Giunto al limitare di una radura, si presentò al suo sguardo una vista che lo lasciò inorridito.
Quattro uomini, suoi compagni cavalieri, stavano attorno ad un fuoco. Uno di loro, in piedi, stringeva un’elfa svenuta mentre un altro stava scaricando da un cavallo quello che sembrava un elfo molto robusto legato. Gli altri due erano vicino a quello che stava stringendo l’elfa e tutti e tre parlavano in maniera concitata con le voci rotte dall’alcol.
Poco ci volle a Ferendil per capire cosa stavano per fare quei suoi compagni all’elfa ed in lui montò una furia tremenda poichè un simile atto era indegno per dei cavalieri ed una scena simile avrebbe dovuto verificarsi a ruoli inveriti, allora sguainò la spada ed entrò nel cerchio di luce del falò tuonando: “Compagni Cavalieri! Che cosa state facendo?!”.
I quattro, presi alla sprovvista, sobbalzarono all’istante, alcuni sfoderarono a loro volta le spade con gesti resi goffi dalla birra, ma uno dei tre riconobbe il cavaliere e gridò “Ferendil!! Siamo noi, i tuoi compari! Il Duca Alrich ci ha mandati a cercarti per la foresta preoccupato dalla tua assenza prolungata! Finalmente ti abbiamo trovato!”. Ma Ferendil non si mosse e ripetè “Che cosa state facendo?”.
Rispose l’uomo che teneva l’elfa con una voce bassa e rude: “Semplicemente, ieri abbiamo trovato le tue tracce nel bosco e mentre le seguivamo, abbiamo scoperto questi due sicari che ti inseguivano, così li abbiamo catturati a costo della morte di due dei nostri compagni ed ora stavamo insegnando loro il prezzo che devono pagare gli elfi per aver versato il sangue di umani”.
Allora l’ira di Ferendil si placò un poco e ringuainò la spada, ma siccome era un uomo giusto non poteva permettere che si compisse un crimine come quello che i suoi compagni si accingevano a fare e mentre si avvicinava a loro disse “Compagni miei, saranno sicari ed assassini ma limitatevi a giustiziarli e non comportatevi come la peggiore feccia orchesca…” ma la voce gli morì in gola, quando scorse il viso dell’elfa e riconobbe Kalia Elvermili.
L’uomo con la voce rude però insistette “non dirci come dobbiamo agire, non siamo a corte, Ferendil, inoltre ricordati che questi sono dei luridi elfi assassini e prima di morire devono capire bene l’errore che hanno commesso” e tutti gli altri annuirono decisi.
Ferendil era sconvolto, nella sua testa si agitavano migliaia di pensieri contrastanti. Da un lato lo stupore e la meraviglia nel trovare lì in quel luogo colei che per giorni aveva cercato invano nella città degli elfi, da un altro il dubbio che questo potesse essere un qualche malvagio tranello ordito da Elvermil per danneggiare lui e il suo popolo e da un altro l'orrore nel vedere dei suoi simili, dei suoi commilitoni, agire come bestie selvagge dimentichi di ogni senso di onore o giustizia.
Intanto i suoi compagni stavano per compiere l’irreparabile quando Kalia Elvermili riprese i sensi. Alla vista di quanto stava per accadere gridò nella sua lingua “Nà! Nà!”. I cavalieri ridettero fragorosamente e lei girò la testa e incrociò lo sguardo con quello di Ferendil.
Fu un breve attimo. Se negli occhi dei cavalieri si scorgeva solo odio e libidine, in quelli dell'elfa Ferendil vide riflesso qualcosa che gli ricordava la vita, la purezza e soprattutto l'amore.
Allora ogni voce nella mente del cavaliere tacque e lui sfoderò la spada puntandola alla gola dell’uomo che teneva l’elfa e disse “Lasciala”.
I quattro rimasero storditi per un momento poi l’uomo con la spada al collo biascicò con voce velenosa “Sei stato in mezzo agli elfi per qualche settimana e sei già diventato un imbecille elfista? Che fai ora, hai votato la tua spada alla protezione delle puttane degli elfi?”.
Lasciala”.
"Uccidimi, sporco elfista o se ti rimane un po' di orgoglio, mettiti da parte e lasciami fare".
Con un rapido movimento della spada, Ferendil ferì la gola dell’uomo che lasciò l’elfa, sguainò la spada e si avventò contro di lui al grido di "morte all’elfista!!" e la spada di Ferendil gli trapassò il cuore.
Gli altri due cavalieri non furono da meno del loro compagno e sguainarono le spade per farsi trafiggere uno alla volta da Ferendil.
Il quarto cavaliere fu risparmiato; Ferendil lo disarmò e gli intimò di recarsi dal suo Signore e riferire oltre al messaggio del Re degli Elfi un messaggio di Ferendil stesso: "Oggi ho avuto modo di vedere da vicino la superiorità della giustizia e dell'animo degli uomini e per questo dico che da ora in poi la spada di Ferendil Thagor non servirà più una causa tanto palesemente fasulla e così il Duca, finchè persevererà a seguirla".
Quando che il cavaliere si fu allontanato, Ferendil liberò Beleril e lo lasciò alle cure di Kalia ritirandosi in un angolo dell'accampamento-.
L'elfo interruppe la narrazione per bere un lungo sorso di vino speziato e quando ebbe finito rimase sospirante ad osservare il proprio calice. Infine riprese dopo alcuni minuti: - Povero Ferendil! In pochi minuti tutte le sue certezze crollarono lasciandolo come un assetato in un deserto che cercando di bere acqua dalle proprie mani, questa gli scivola dalle fessure fra le dita finendo ad inumidire la sabbia. Così Ferendil aveva un passato vissuto nella menzogna, un presente da reietto e fellone ed un futuro privo di speranze. Fu Beleril a riportarlo alla realtà quando gli chiese: "Dunque, cavaliere, immagino tu voglia sapere per quale motivo io e la mia Signora ti abbiamo seguito in queste terre...". La spiegazione si rivelò semplice quanto sorprendente: anche la principessa era rimasta turbata quanto Ferendil dal loro breve incontro ai giardini reali. Per giorni Beleril aveva fatto in modo con grandi sforzi di tenerla lontana dal cavaliere, ma quando giunse notizia della sua prossima partenza, non ci fu verso di impedirle di fuggire dalla corte del padre per seguirlo, così le rimase al fianco per proteggerla. Così per i primi giorni seguirono le sue tracce finchè non incontrarono i cavalieri che li sopraffecero.
L'arrivo di Ferendil, commentò Beleril, era stato provvidenziale e le sue azioni gli erano valse il rispetto dell'elfo che in seguito arrivò persino a stringere fratellanza con lui.
Ferendil si rivolse all'elfa con voce tremante e disse: "devo dunque dedurre, dal racconto del vostro servo... che voi mi amate?".
Kalia, rimase in silenzio tenendo i suoi occhi luminosi fissi su Ferendil che le ricambiava uno sguardo intenso. Nessuno dei due osava interrompere il silenzio che si era creato.
Ferendil non riusciva a credere che quella donna così bella che lui era riuscito a vedere una sola volta e di cui si era perdutamente innamorato, lo ricambiasse con cotanto ardore da intraprendere un viaggio sì audace e periglioso per seguirlo. Sembrava che il fato gli avesse fatto un dono troppo grande e in quel momento non aveva parole per esprimere ciò che sentiva, mentre il suo cuore martellava nel petto e la sua lingua era come impastoiata in gola.
Beleril si trovava fra i due e volgeva continuamente lo sguardo dall'uno all'altra, imbarazzato ed indeciso.
Fu infine Kalia a rompere il silenzio; sino a quel momento si era sentita come sull'orlo di un baratro e lo sguardo silenzioso di Ferendil su di lei le aveva acceso una fiamma nell'animo che rischiava di consumarla.
"Sar..." disse flebilmente in elfico, poi deglutì e ripeté con maggiore sicurezza nella lingua di Ferendil "Si".
Passarono pochi attimi che sembrarono giorni e Ferendil si accostò a lei muovendosi dapprima lentamente, poi con sempre più sicurezza la abbracciò con un movimento fluido e posò le sue labbra su quelle di lei.
Beleril si mise in disparte mentre un vago sorriso gli aleggiava sul viso.
Passarono il resto della serata a parlare tutti e tre della situazione in cui si trovavano e Kalia propose a Ferendil di recarsi a vivere con lei in un luogo celato che solo lei e Beleril conoscevano.
"Ormai il mio passato è un'ombra inconsistente ed il mio presente è di disonore ed esilio. Cercherò con te di costruire il mio futuro ed ovunque tu vorrai vivere, per me quel luogo sarà Casa." rispose Ferendil.
Il viaggio durò due settimane e Ferendil, Kalia e Beleril giunsero in questo luogo nascosto sito in una foresta il cui nome rivelerò in seguito. Il luogo si presentava come una verde radura posta attorno ad un laghetto dove si raccoglievano le acque di una piccola cascata. Poco distante da questa cascata vi era una caverna ampia ed accogliente che Kalia e Beleril avevano già provveduto in passato, durante qualche periodo che la principessa aveva voluto trascorrere in quel luogo, ad attrezzare con mobili, suppellettili ed armi da caccia.
Trascorsero due mesi in questo luogo vivendo dei frutti del bosco e della caccia. Ferendil scoprì che Beleril non era semplicemente la guardia della principessa, ma ne era innamorato. Non certo alla stessa maniera in cui lo era Ferendil, poichè il suo era l'amore di un fratello per una sorella, di un amico per la compagna con cui era vissuto sin dall'infanzia. Ciononostante comunque di amore si trattava e Ferendil e Beleril strinsero un patto di sangue: quello di vegliare entrambi su Kalia e di proteggerla a qualunque costo per tutta la vita.
Il tempo passava ma un'ombra scese sul cuore di Beleril. Il cacciatore cominciò a sentirsi inquieto e vagava sempre più spesso e sempre più lontano dalla radura in esplorazione.
Un giorno Ferendil lo vide giungere di corsa nella sua direzione e quando gli chiese che cosa fosse successo, Beleril rispose:
"Sono ormai settimane che un oscuro presentimento si è fatto strada nella mia mente. Per questo motivo ho preso a vagare per il bosco, domandando agli animali che lo abitano se avessero notizie dall'esterno.
Oggi ho incontrato un'aquila proveniente dall'ovest e mi ha raccontato di aver visto un esercito di elfi in marcia attraverso le Selve verso nord e spinto dalla curosità, è andato a vedere cosa li attirasse.
Ebbene, Ferendil, ha visto il Duca Alrich schierare i suoi cavalieri in vista di una battaglia.
Ahimé, è evidente che re Elvermil accortosi della scomparsa di sua figlia, ti abbia accusato di rapimento ed abbia mosso il suo esercito contro il Duca Alrich.
Che sciocchi siamo stati a pensare di poter vivere per sempre in questo paradiso, dimentichi di ciò che siamo ed eravamo, lasciandoci tutto alle spalle!!"
Ferendil allora si accorse della verità delle parole di Beleril e dopo un lungo momento rispose:
"Hai ragione fratello mio, abbiamo commesso un errore ed ora il cielo ci sta punendo per la nostra leggerezza, ma non tutto è perduto.
Anche se in passato abbiamo sbagliato, ora possiamo sempre adoperarci per riparare.
Amico mio, siamo celeri! Prepariamo armi e bagagli e torniamo indietro da re Elvermil a fermare questo massacro."
Così decisero e senza por tempo in mezzo Beleril e Ferendil avvisarono Kalia ed insieme lasciarono la radura e corsero come il vento per tornare indietro.
Il viaggio, tuttavia, era lungo e quando Beleril, Kalia e Ferendil raggiunsero i loro compagni, i due eserciti si erano già schierati l'uno innanzi all'altro in attesa del segnale per attaccare.
"Siamo giunti tardi, Ferendil, la battaglia è ormai imminente!" esclamò disperatamente Beleril, ma Ferendil con uno sguardo impassibile rispose: "No!, possiamo ancora farcela, corriamo!".
Così il cavaliere afferrò le redini, strinse la vita della sua amata che cavalcava con lui e si gettò al galoppo nello spiazzo in mezzo ai due eserciti.-
L'elfo tacque e chiuse gli occhi portandosi alle labbra il bicchiere di vino speziato finendolo con un unico, lungo sorso.
L'umano intanto si era fatto assai interessato e non potendo aspettare il silenzio del suo commensale, lo incalzò: - ma cosa accadde allora in quel momento? Forse che Ferendil e Kalia non riuscirono a raggiungere il re per fermare la battaglia?-.
L'elfo si portò una mano al mento e con espressione dolorosa proseguì: -Ahimé, cavaliere, per caso o per follia un arciere di uno degli eserciti vide il cavallo di Ferendil e Kalia lanciato al galoppo e pensando ad un attacco laterale di cavalleria, scoccò una freccia.
Solo gli dei sanno quale infausto demonio guidò quella freccia nel suo traggitto e la fece conficcare con precisione nel collo del cavallo di Ferendil e Kalia.
Fatto sta che questo morì sul colpo, rovinando a terra e trascinando con se i suoi cavalieri, li fece ruzzolare lungo il pendio dal quale stavano discendendo.
In quel momento fu come se fosse stato dato il segnale e i due eserciti si mossero immediatamente l'uno contro l'altro e la battaglia ebbe inizio.
Beleril si vide come schiacciato dagli avvenimenti, si precipitò verso i corpi dei suoi due compagni e trovandoli prossimi alla morte li abbracciò e si mise a piangere al loro capezzale.
Fu Kalia allora a parlare e disse: "non piangere per noi Beleril, seppur per poco abbiamo vissuto godendo della nostra felicità. Ma non permettere che la nostra fine causi la fine di tante altre persone.
Và da mio padre e convincilo a ritirarsi..." poi spirò ed altrettanto fece Ferendil.
Allora Beleril raccolse ciò che rimaneva della sua volontà e dopo aver acconciato le spoglie dei suoi amici, si issò a cavallo e galoppò verso il suo Re.
Tre volte fu fermato dai soldati di Elvermil, rischiando di ricevere una spada nel petto ma tutte e tre le volte fu riconosciuto e lasciato passare. Nel giro di pochi minuti Beleril riuscì a raggiungere il suo Signore ed a raccontagli tutto.
Elvermil rimase scioccato dalle rivelazioni del suo suddito ma, essendo Re, mise da parte il suo dolore e ordinò ai suoi luogotenenti di ritirare le proprie truppe e terminare l'inutile battaglia.
L'impresa non fu semplice ma riuscì e quando i due eserciti si trovarono nuovamente uno innanzi all'altro, Elvermil e Beleril uscirono dai ranghi con la bandiera bianca chiedendo di parlamentare con Alrich.
Il Duca a sua volta raggiunse il suo nemico con un compagno al fianco che Beleril riconobbe per quel cavaliere che Ferendil lasciò in vita nella radura nelle Selve.
Elvermil raccontò ad Alrich la storia di Beleril chiedendo all'uomo che riponesse le armi e mettesse fine ad una battaglia priva di senso.
Il Duca Angoriano tuttavia rispose che per lui la battaglia era più che giustificata, perchè secondo il racconto del suo vassallo, Ferendil era stato stregato dalla principessa elfa con sortilegi oscuri e costretto ad uccidere i suoi compagni. Diede a quel punto ordine al suo vassallo di recarsi nel luogo ove giaceva Ferendil e portare le sue spoglie nella città che avevano fondato poi voltò le spalle al Re.
Beleril allora afferrò la spada e con un rapido colpo decapitò il vassallo del Duca, lanciandosi al galoppo verso le spoglie dei suoi amici, come impazzito.
Il Duca rimase spiazzato da questa reazione e guardò con ostilità il re degli elfi.
"Traditore!" disse "Hai fatto uccidere un ambasciatore, per questo meriti la morte! Torna fra i tuoi soldati e riprendi a combattere, perchè io non uccido a tradimento, ma una volta che tutti i tuoi lacchè saranno cibo per vermi, allora toccherà a te sperimentare la giustizia di noi uomini e sarà implacabile!"
Ma il re rimase impassibile e rispose con tono pacato: "Se è vostro desiderio continuare con questa battaglia che sapete di non poter vincere, così sia.
Proseguiremo finchè non vi ritirerete ed avete la mia parola che chi si arrenderà avrà salva la vita ma sappiate che il regno che avete fondato è ormai maledetto dal sangue innocente versato e così come è nato io vi predico che finirà. Da ora in poi il vostro regno sarà noto agli elfi come il Regno Periglioso, predestinato ad una tragica fine che potrà giungere in qualunque momento.
Va' ora Duca Alrich a raccogliere i risultati del tuo odio scellerato e che il tuo popolo possa perdonare la tua stoltezza, poichè io non lo farò".
Si dice che allora Alrich fosse rimasto per alcuni minuti a fissare Re Elvermil e che, forse per ritrovata saggezza o per timore della predizione di Elvermil, nella sua mente si alternassero il desiderio di combattere e quello di ritirarsi, ma fatto sta che il Duca infine tirò le redini del suo cavallo, sputò in direzione del re degli elfi e si diresse tra i ranghi del suo esercito impartendo ordini di prepararsi alla battaglia.
Questa fu assai sanguinosa e numerose furono le perdite da entrambe le parti, ma l'esercito di Elvermil era assai più numeroso e meglio organizzato e Alrich fu costretto a suonare la ritirata ed a barricarsi all'interno del maniero che aveva precedentemente occupato.
Elvermil tornò allora ad Elflych e mandò degli esploratori alla ricerca di Beleril.
Occorsero tuttavia alcune settimane prima che tre suoi esploratori tornassero con qualche notizia.
Essi dissero di aver trovato Beleril che viaggiava con le spoglie di Kalia e Ferendil verso la foresta degli Antichi Silvani. Lo seguirono all'interno della foresta per raggiungerlo, ma ad un tratto egli sparì come nel nulla facendo perdere loro ogni traccia.
Per giorni tentarono di ritrovare le sue tracce ma fu impossibile, così decisero di tornare indietro per fare rapporto.
Il Re allora s'avvide che il destino di Beleril era fuori della sua portata e, benché addolorato dall'impossibilità di dare sepoltura alla figlia nei cimiteri reali, rinunziò alla sua ricerca e decretò che da allora la foresta degli Antichi Silvani si sarebbe dovuta chiamare Foresta Kalia, come ricordo della triste storia di un amore stroncato dall'odio-.
Il Cavalere rimase silenzioso mentre l'elfo ordinava un nuovo bicchiere di vino, poi domandò: -ma del destino di Beleril non vi fu nessuna notizia?-.
L'elfo fece un rapido sorso, poi appoggiò il bicchiere al tavolo e concluse: -negli anni a venire, anzi, nei secoli dovrei dire, numerosi viadanti che si persero nella foresta Kalia, raccontarono che mentre erano allo stremo delle forze, assetati ed affamati, si erano ritrovati in una radura che corrispondeva in tutto alla descrizione della radura di Kalia e Ferendil tranne che per due alberi, una quercia ed un frassino, posti al centro della radura e germogliati l'uno a fianco all'altro in maniera innaturale. Un terzo albero posto poco distante, un melo, dava continui frutti, anche in periodi dell'anno in cui non avrebbe dovuto. Così i viadanti potevano dissetarsi nella cascata, saziarsi con i frutti del melo e riposare all'ombra del frassino e della quercia per riprendere il mattino dopo la loro marcia e ritrovando rapidamente la Dritta Via.
Ma sono solo dicerie a cui non si può dar troppo credito, inoltre la luna è ormai alta nel cielo e la stanchezza sopraggiunge.
Suggerisco di terminare qui il nostro convivio e riposarci nelle nostre stanze, se domani ci reincontreremo avremo sicuramente occasione di parlare di nuovo-.
L'elfo si alzò dal tavolo e un po' aiutato ed un po' ostacolato dal suo compagno brillo, issò in piedi il terzo elfo ubriaco, poi porse la mano al cavaliere che la strinse.
- Arrivederci Cavaliere di Mitiran, e' stato un piacere-.
- Arrivederci a voi messer Tinwe, spero che avremo modo di parlare nuovamente, almeno finchè il Signore di questa corte non mi avrà ricevuto-.
Il Cavaliere prese le sue cose e si diresse verso il fondo della sala comune, imboccando le scale che lo avrebbero portato nelle sue stanze a riposare.
- Mio Signore Tinwe Linto, quando riceverete in maniera ufficiale quel cavaliere?- disse l'elfo brillo rivolgendosi all'elfo lucido.

- Come sempre, amico mio. Quando sarà pronto- rispose questo, mentre assieme all'elfo brillo trascinava l'elfo ubriaco verso le scale.

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