Racconti Dimenticati
Un Alchimista
“Ebbene, straniero, cosa vi porta
in questo luogo di ristoro?” l'elfo dietro il bancone stava pulendo il boccale
di birra che gli era appena stato restituito da quell'uomo dall'aria sfatta che
continuava ad ordinare da bere.
L'uomo aveva gli occhi arrossati
degli insonni ma sedeva con una certa compostezza dignitosa anche se un po'
forzata, sembrava sull'orlo di un tracollo. I suoi abiti erano puliti e ben
ordinati e contrastavano bizzarramente con la sua capigliatura corta e priva di
garbo. Reggeva il boccale con la mano destra che talora tremava nel portare il
liquore alle labbra ed il suo sguardo oscillava fra una fermezza ed intensità
degni d'un grande avventuriero ed un guizzare incerto e spaventato che si
presentava ogni qualvolta un'ombra si muovesse accanto a lui. In quei momenti
anche il resto del corpo sembrava tendersi, pronto a qualche scatto di follia,
al punto che un occhio disattento poteva facilmente attribuire quelle due
immagini a persone differenti. Effettivamente l'impressione complessiva emanata
da quell'individuo era di duplicità, sembrava un vaso rotto tenuto assieme da
lacci di cuoio usurati e pronti a rompersi alla prima occasione.
“Buon oste, come dite voi, ciò
che cerco è proprio ristoro. I miei nervi sono irreparabilmente scossi e
necessito di un lungo periodo di riposo perché possa dimenticare gli orrori cui
ho assistito negli ultimi tempi” rispose, persino la sua voce sembrava
rispecchiare lo stato precario in cui si trovava, passando occasionalmente da
un timbro caldo e profondo ad una stridula raucedine.
“Avete scelto il luogo giusto
messere, la corte di Re Tinwe Linto è il luogo dove i viaggiatori di tutti i
reami possono riposarsi e rinfrancarsi fra un viaggio e un’avventura, eppure
voi siete qui da almeno venti giorni ed ho potuto notare che siete sempre
rimasto in disparte a bere. Non vi siete mai unito alle danze, non avete mai
scambiato parola con gli altri avventori. Talvolta non scendete nemmeno nella
sala comune e trascorrete intere giornate in camera vostra” disse l'elfo
distrattamente mentre cominciò a strofinare il boccale ostentando una
concentrazione ed accuratezza tali che avrebbero fatto pensare stesse per
servirlo ad un re.
Con una nota di divertimento
l'uomo rispose “uomini, elfi o nani, gli osti sembrano essere tutti uguali,
quasi fossero una razza a parte. Credevo che a Valis Lobelas si venisse per
riposare e non per essere sorvegliati”.
“Teniamo a mantenere una certa
fama” rispose l'elfo, piccato “e quando ci accorgiamo di un cliente affranto
che non mostra segni di miglioramento, ci preoccupiamo di scoprire cosa non lo
aggrada”.
“Vi assicuro che non vi è alcuna
manchevolezza nel vostro servizio” si affrettò a chiarire l'uomo, poi con un
tono di rammarico “e se vi è qualcosa di manchevole, qui, quello sono io”.
“Cos'è che vi cruccia?”.
“Non ho il cuore di dirvelo”.
L'elfo posò allora risolutamente
il boccale che stava pulendo e tolse di mano all'uomo quello ancor mezzo pieno
di birra, poi prese due bicchierini da grappa ed una bottiglia piena d'un
liquore giallino dalle mensole del bancone, posò i bicchierini e li riempì.
“Bevete questo” disse “senza
storie”.
L'uomo rimase stupito dalla
reazione inaspettata dell'elfo e quando ne incrociò lo sguardo, lesse una
risolutezza con la quale evidentemente sentì di non poter combattere, poiché si
rassegnò a bere il suo bicchiere.
Un calore confortevole, quasi
rassicurante, si spanse nella gola dell'uomo che rimase stupito del sapore
zuccherino di quel liquore, tanto che si domandò se non si trattasse di una
pozione alchemica uscita da qualche laboratorio. Ma sarebbe stata una pozione
troppo maledettamente buona.
“Che cos'è?” domandò infine,
cedendo alla curiosità.
“Un cordiale a base di succo di
mela; i frutti provengono da una radura nascosta nella foresta Kalia, un luogo
che si dice solo chi è in pericolo di vita sia in grado di trovare”.
“Se è così, come fate ad averne
abbastanza da produrci una bevanda?” chiese furbescamente l'uomo e l'elfo
rispose con un sorrisetto.
“Suvvia, ora raccontatemi di voi.
Chi siete e da dove venite?”
L'uomo fece qualche altro sorso,
prima di rispondere. Nel frattempo il suo viso si era fatto più colorito.
“Mi chiamo Salamdar Dervishi,
porto il nome di mio nonno, un mercante sadiano che si era stabilito a Daconia.
Comunque non ho mai vissuto al sud, mio padre era scappato a Wankrurneel da
ragazzo, dove si era messo nei guai con la figlia di un borghesotto del posto.
Per questo non ho mai conosciuto mia madre e sono vissuto a Ranespel come un
ladruncolo. Comunque appena ho raggiunto l'età per andargli contro senza
buscarle, l'ho piantato in asso, sono scappato e mi sono arruolato nelle
Tuniche Nere. Ne sono uscito cinque anni fa, quando il Generale si è reso conto
che gli ero più utile come spia ed esploratore che come soldato effettivo”
“Dunque siete anche esperto di
magia”
“Ne so qualcosa! Ma non ho mai
voluto approfondire granché. I maghi viaggiano fin troppo con la testa, sarei
più un alchimista se m'interessasse sfacchinare, se proprio devo usare
incantesimi preferisco conservare le energie ed utilizzare bacchette, anelli,
pozioni, polveri ed altre sostanze o cerchi impressi su pergamene, tutta roba
già bell'e pronta per l'uso, qualche trucchetto me lo so anche preparare da me”
concludendo con l’ultimo sorso.
“Mi sembra giusto”.
Salamdar si era fatto servire un
altro bicchiere di cordiale e ci si stava avventando.
“Ebbene, continuate, cosa vi ha
portato qui?”
Arrestò il bicchiere a mezz'aria,
quasi versando qualche goccia di liquore.
“Circa un anno fa, il Generale mi
ha mandato in missione oltreoceano. Ho visto cose orribili. Al mio ritorno sono
venuto direttamente qui. Non ho la forza per tornare e fare rapporto”.
“Se continuate a restare solo con
i vostri ricordi, rischiate di non trovare mai più questa forza”.
“E come potrei mai fare?”
“Immergetevi totalmente in essi,
non cercate di sfuggir loro”.
Salamdar guardò l'elfo in
tralice, con aria sospetta “Chi vi dice che io li fugga?”
“Fuggire non è ciò che avete
fatto da quando siete tornato dalla vostra missione? Prima dal vostro Generale
ed ora che siete qui, dagli altri avventori e da me. Ma non potrà durare ancora
a lungo e lo sapete bene”.
L'uomo fissò l'elfo per alcuni
minuti, poi chinò lo sguardo, sorseggiò ancora del liquore come per farsi forza
e disse “beh, cominciò tutto quando il generale mi convocò...”